Bisogna credere ogni giorno a sei cose impossibili prima di fare colazione
Per chi come me ha fatto i primi passi nel mondo dell’informatica negli anni ’80, che ha ingerito dosi “illegali” di fantascienza e si è alimentato degli scenari inquietanti e insieme affascinanti della robotizzazione, della cibernetica, delle macchine pensanti, per chi ha iniziato spostando righe COBOL su un triste monitor a pixel verdi sognando Siri e il Deep Learning, per noi c’è una sola e semplice convinzione: FINALMENTE! L'intelligenza artificiale sta FINALMENTE iniziando a fornire l'aiuto virtuale promesso.
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(Breve parentesi solo per gli scettici: chi scrive è perfettamente consapevole che parlare di “intelligenza” è un eccesso semantico, soprattutto quando si parla di algoritmi di machine learning e di apprendimento meccanico su un dominio ridotto di dati e informazioni. Si tratta di “intelligenza” simulata è vero…ma c’è un dubbio che vorrei condividere con chi diffida di queste tecnologie: quante volte gli umani simulano “intelligenza” in situazioni anche più critiche? Siete proprio certi che “l’intelligenza” sia una funzione che usiamo con molta frequenza?)
Dunque finalmente l’intelligenza artificiale è una realtà! E non solo: è alla portata di tutti e pervade ormai gran parte dei servizi informatici di uso quotidiano.
Basta dire “OK Google” vicino a un moderno dispositivo intelligente e il software AI entra in azione per riconoscere la tua richiesta e offrire la risposta più pertinente disponibile. Ma parlare in linguaggio naturale con un automa è solo il più visibile dei risultati ottenuti: i livelli raggiunti nel riconoscimento delle immagini e dei volti, nelle traduzioni linguistiche e nel calcolo del “sentiment” sono ancora più sorprendenti.
È passato più di mezzo secolo, dall’ideazione del Test “comportamentale” di quel genio, incompreso e umiliato, di Alan Touring: il dibattito filosofico non si arresta e la natura dell’intelligenza artificiale continua a stimolare la curiosità della comunità scientifica e non. Ma se depuriamo le conoscenze cumulate fin qui dalle controversie sulla “coscienza artificiale” e le polemiche sulle reali capacità cognitive delle macchine, è oggi possibile individuare alcune linee chiare di sviluppo:
In questi sistemi i programmatori creano un insieme di regole che descrivono la conoscenza in un ambito ben definito. I sistemi che rientrano in questa categoria “ragionano” su un problema ben preciso. Ne sono esempio i “sistemi esperti” e gran parte dei motori di analisi semantica. Tali sistemi non hanno generalmente alcuna capacità di apprendimento.
Questi sistemi non definiscono regole, ma forniscono alla macchina gli elementi di calcolo da applicare a un dominio particolare. Sulla base del modello, attraverso un addestramento su un insieme ampio di dati, il sistema impara a classificare e a fare predizioni su nuovi casi che gli vengono presentati. Appartengono a questi sistemi le soluzioni di Machine Learning come Siri o Google Now.
Sono sistemi in grado di risolvere compiti per cui non sono stati realizzati: hanno livelli medio-alti di percezione, apprendimento, astrazione e ragionamento, potendo contare su una continua interazione con il mondo reale. Appartengono a questa categoria a gli algoritmi di Deep Learning.
Secondo Gartner il valore del business globale derivato dall’intelligenza artificiale (AI) è stimato in 1200 miliardi di dollari nel 2018, con un incremento del 70% rispetto al 2017, e in 3900 miliardi di dollari nel 2022. La previsione valuta il valore commerciale totale dell’AI in tutti i settori verticali aziendali coperti da Gartner.
Ma su cosa si concentreranno gli investimenti delle aziende? Gli analisti non hanno dubbi: migliorare la customer experience. L’interazione semplice e naturale con gli utenti è la precondizione necessaria per l’adozione diffusa della tecnologia di IA affinché questa sblocchi il suo pieno potenziale e consenta la creazione di valore. Infatti gran parte della capacità predittiva delle soluzioni di AI oggi in produzione si concentrano nel rendere più piacevole e personalizzata l’esperienza di acquisto e ottenere così una maggiore fidelizzazione della clientela.
La risposta è prevedibile: rendere più economici, veloci ed efficaci i processi di business migliorando le decisioni e la fluidità dei flussi di lavoro. È su questo fronte che DocFlow sta concentrando i suoi sforzi e i suoi investimenti. L’utilizzo delle tecniche di machine learning combinate con gli strumenti di analisi semantica e di data mining, consentono oggi di analizzare, classificare i contenuti aziendali e di migliorare i processi intranet supportando gli utenti nelle fasi critiche decisionali.
Le funzioni di AI costruite da DocFlow consentono alle organizzazioni di eseguire il data mining e il riconoscimento di pattern su enormi set di dati, creando strumenti che classificano documenti complessi che a loro volta alimentano sistemi di programmazione tradizionali. Ciò consente agli algoritmi per il supporto decisionale/aumentato di lavorare direttamente con informazioni che in precedenza richiedevano classificatore umano. Tali funzionalità hanno un enorme impatto sulla capacità delle organizzazioni di automatizzare i processi decisionali e questo nuovo livello di automazione riduce costi e rischi e consente, ad esempio, maggiori ricavi tramite un livello migliorato di riconoscimento dei contenuti aziendali.
In tutte le soluzioni DocFlow che gestiscono grosse moli di documenti in ingresso è possibile analizzare e classificare in modo dinamico i contenuti e instradarli in modo automatico alle funzioni competenti.
Applicata alla corrispondenza eMail e in particolar modo alle PEC, il classificatore automatico permette di raggiungere i seguenti risultati:
Quanti di noi si trovano nella situazione di creare un contratto, un documento di offerta, una specifica di progettazione senza sapere dove trovare la “migliore” descrizione di una clausola, di un prodotto, di un piano di progetto? Quanto Cut&Paste di paragrafi descrittivi da documenti pregressi senza la certezza né della loro completezza e né della loro validità? Gestire i testi dei contratti di vendita e di acquisto in modo realmente condiviso e strutturato è stata un’utopia anche per gli studi legali più organizzati.
La soluzione DocFlow di classificazione automatica dei documenti è da poco stata integrata con una funzione di estrazione dei contenuti e di creazione di una libreria di contenuti aziendale realmente condivisibile fra i redattori di documenti ad alta complessità.
Un automa è in grado di leggere tutti i documenti aziendali ed identificare contenuti “capitalizzabili” e organizzabili in una libreria aziendale. Questi contenuti sono utilizzabili attraverso l’AddOn DocFlow Jumbler integrato a Microsoft Word. Organizzati per tipologia e validità i capitoli, i paragrafi più preziosi e condivisi del nostro patrimonio documentale vengono da Jumbler messi a disposizione degli utenti redattori, consentendo così una consultazione rapida e un riutilizzo semplice ma soprattutto sicuro e autenticato.
L’Intelligenza artificiale è in grado di identificare contenuti e “pesarli” in base all’utilizzo e all’affidabilità della fonte, di alimentare in modo automatico la knoweledge base aziendale, di offrire supporto agli autori dei documenti grazie alle seguenti funzionalità:
Non poteva mancare nella suite di AI DocFlow una soluzione di ChatBot. Non risponde ai clienti e non offre servizi di assistenza. Non somiglia (ahimè) a Scarlett Johansson e non si materializza in un ologramma. Per lo più permette di interagire con i processi aziendali digitalizzati. I sistemi di interazione in linguaggio naturale adottati da DocFlow consentono infatti di attivare processi e di migliorare l’esperienza degli utenti quando devono accedere solo occasionalmente alle applicazioni aziendali.
Quando un dipendente deve richiedere un giorno di ferie o proporre una RDA (richiesta di acquisto) spesso deve ricordare noiose modalità di accesso e compilare “maschere” con numerosi campi. La ChatBot consente di usare messenger o whatsapp per avanzare le proprie richieste in linguaggio naturale e scavalcare così la “barriera tecnologica” della “user interface” delle applicazioni tradizionali.
Un agente “intelligente” si opera per eseguire i due seguenti compiti.
L’evoluzione dei processi di business, che diventano sempre più collaborativi, improntati alla tempestività e alla flessibilità, richiede tecnologie in grado di supportare le dinamiche di lavoro flessibili e orizzontali delle organizzazioni.
Le relazioni che intercorrono tra le persone che partecipano all'ambiente di lavoro collaborativo sono governate da processi che non sono mappabili a priori e sono difficilmente associabili a meccanismi procedurali concordati. Soprattutto nei momenti di cooperazione e co-decisione servono strumenti in grado di individuare e di suggerire la “next best action” o le risorse più idonee da consultare in determinati contesti.
DocFlow sta provando ad integrare alla sua soluzione Yubik un agente in grado di analizzare tutte le occorrenze precedenti di un processo orchestrato e tracciato con le sue funzioni di Case management e di far emergere i casi simili a quello su cui si lavora.
Come è stato risolto questo reclamo in passato? Chi è l’esperto di questa materia? Questa richiesta del mio cliente è inerente la normativa del GDPR?
È ancora un cantiere aperto: ma la possibilità di analizzare le “history” delle soluzioni di BPM e i dati correlati da risultati incoraggianti. Prende forma sempre più una soluzione di “recommendation” adatta a DocFlow Yubik che suggerisca racconti, utenti “champion”, processi andati a buon fine. La frontiera è semplice: dare agli stake holder strumenti decisionali “adeguati” e “informati” e automatizzare, ove possibile, gli step di processo analizzabili da un agente “intelligente” in grado di semplificare il flusso di lavoro.