La Balanced Scorecard (BSC) ha sempre suscitato in me un certo fascino ed interesse. Lo ritengo uno strumento necessario per una buona pianificazione strategica, articolato, capace di tradurre la strategia prima in variabili gestionali strategicamente rilevanti e poi in azioni di gestione operativa attraverso la stesura di una mappa strategica.
Nel mio percorso professionale ho avuto la fortuna di entrare in contatto con diverse realtà aziendali che hanno adottato lo strumento ed è sicuramente interessante constatare come ognuna di esse abbia dato una propria interpretazione, abbiano declinato e modellato la BSC in modo da renderla su misura per la propria organizzazione. Nonostante le differenti configurazioni, ho sempre percepito un denominatore comune che questa citazione di Kaplan e Norton, gli ideatori della BSC, sintetizza:
Enunciando i risultati che l’organizzazione desidera raggiungere e i driver di questi risultati, i senior executive sperano di incanalare energie, risorse e conoscenze specifiche di tutti coloro che lavoravano nell’organizzazione verso il raggiungimento degli obiettivi a lungo termine
Il denominatore comune è la Comunicazione, è la Collaborazione, la Condivisione. Ecco, se penso alle realtà aziendali conosciute che hanno sposato e applicato la BSC, quelle che mi hanno maggiormente convinto sono quelle capaci di far emergere questi concetti, che hanno sfruttato le opportunità della digitalizzazione per modellare lo strumento in questo senso, che hanno abbinato i principi della BSC a tematiche organizzative come comunicazione, collaborazione e condivisione che sono oggi alla base di qualsiasi processo aziendale di successo.
Vorrei presentare alcuni scenari incontrati che possano supportare la mia considerazione e che dimostrino come l’idea della BSC possa poi essere rivisitata, calata nel contesto ed estremizzata su alcune tematiche in modo da renderla apprezzata ed accettata.
Alcune realtà hanno ad esempio cercato di rendere l’approccio della BSC meno top-down, più coinvolgente e inclusivo a tutti i livelli. Mi sono trovato piacevolmente coinvolto in contesti dove la definizione della mission, della vision e degli obiettivi strategici era in capo, correttamente, al Top management, ma il Middle management contribuiva attivamente alla definizione dei progetti, delle iniziative necessarie al raggiungimento di quegli obiettivi strategici. Alla base di una dinamica simile vi è senza dubbio la condivisione di obiettivi strategici chiari, coerenti e trasparenti.
Di questo tipo di approccio ho apprezzato il tentativo, riuscito, di coinvolgere una più ampia platea di attori nelle fasi decisionali, di avere un processo allargato di proposizione e validazione delle iniziative strategiche. È facile trovarsi in situazioni dove le varie iniziative in corso in un’organizzazione sono gestite in modo indipendente ed entrano in competizione per disputarsi le poche risorse disponibili, tra cui la più scarsa, il tempo. L’approccio condiviso permette la focalizzazione al raggiungimento degli obiettivi dell’intera organizzazione, invitando i manager ad eliminare o mettere in secondo piano le iniziative che non hanno un grande impatto su uno o più obiettivi della scheda. La condivisione e il coinvolgimento permettono inoltre di vedere un’iniziativa coordinata da più unità organizzative, sfruttando al massimo le sinergie, lo sviluppo e la condivisione di informazioni sulle tecnologie e sulle competenze di base, il coordinamento delle iniziative di marketing nei confronti dei clienti comuni, la condivisione delle risorse di produzione e distribuzione quando offrono notevoli possibilità di economia. Possiamo considerarlo un approccio più “democratico”.
L’attuazione di questa strategia non ha evidentemente solo dei pro ma presenta anche diversi contro che è giusto evidenziare. Un sicuro aspetto di criticità è il rischio che il management non proponga iniziative “dannose” per il proprio interesse. Pensiamo ad esempio ad una valutazione da fare circa l’esternalizzazione di un servizio. Il manager di quel servizio potrebbe non aver vantaggi a proporre l’esternalizzazione come iniziativa necessaria al raggiungimento di un obiettivo strategico, la sua strategia, il suo orientamento e la sua resistenza al cambiamento potrebbe precludere l’appoggio della migliore scelta possibile per il bene dell’organizzazione.
Un altro rischio evidente è la possibilità che il Middle management non abbia tutti gli elementi necessari per proporre le migliori iniziative possibili, rischio invece limitato o nullo qualora fosse il Top management a imporre le iniziative. Entrambi i punti critici sono da tenere in considerazione ma possono essere attenuati ed indirizzati attraverso la condivisione e la capacità del Top management di guidare le scelte del management, di effettuare un’attenta valutazione delle proposte fatte e di mantenere un ruolo apicale nel processo approvativo.
La BSC che prevede iniziative proposte dal management diventa chioccia del processo di Project Management. I progetti strategici, approvati come iniziative della BSC aziendale, vengono calati verso il basso, assegnati ai Project Manager e quindi ai partecipanti al progetto. Chi è coinvolto nel progetto, seppur senza ricoprire ruoli da regista o attore protagonista, sa che quello che sta facendo è all’interno di un disegno di medio/lungo termine, un ingranaggio di una macchina che farà scattare una relazione causa/effetto. Se il suo contributo sarà positivo, anche questa relazione potrà esserlo.
Questa visione, fin qui definibile romantica, debole se valutata in maniera razionale e pragmatica, è resa meno aleatoria dalle aziende che hanno applicato uno strumento derivato, la BSC individuale. La diffusione delle informazioni e l’allineamento fra le componenti facilitano la definizione degli obiettivi locali e la responsabilizzazione nei confronti del percorso strategico dell’unità di business. Se al raggiungimento degli obiettivi della scheda sono collegati dei programmi di promozione o di gratifica economica, l’allineamento e il senso di responsabilità saranno ulteriormente accentuati. Nella BSC individuale la risorsa viene valutata anche per il suo contributo nei progetti strategici, premiato per la capacità di scatenare le logiche causa/effetto che stanno alla base dell’allineamento e della realizzazione tattica del piano. La BSC individuale non deve avere solo driver di raggiungimento degli obiettivi di breve periodo, ma deve considerare la crescita della risorsa, la capacità che avrà negli anni a venire, di essere pedina fondamentale per il raggiungimento della mission prefissata. L’uso appropriato della BSC è in grado di dare maggiore rilievo a questi fattori, rispetto alle tradizionali misure finanziarie, di conseguenza anche gli incentivi diventano più facilmente determinabili.
Per elaborare la BSC, Kaplan e Norton sono partiti dall’analisi dei principali ostacoli alla concreta realizzazione degli obiettivi strategici dell’impresa:
A mio parere l’approccio descritto sopra, molto spinto sui temi della condivisione e della collaborazione, contrasta con decisione questi vincoli. Chi ha puntato su queste fondamenta, dando una personale interpretazione dello strumento originario, ha centrato il punto. Ovviamente alla base rimane la visione del top management, la sua capacità di definire la strategia ma fondamentale è anche la capacità di comunicarla, di trasmetterla a tutta l’organizzazione. Tutte le risorse che la compongono hanno un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi strategici!
Oggi la tecnologia può avere un ruolo determinante nell’applicazione della BSC. Non è semplice trovare sul mercato prodotti in grado di adattare perfettamente le logiche della BSC alle dinamiche complesse di un’organizzazione ma al tempo stesso l’evoluzione tecnologica offre funzionalità e servizi quasi infiniti. Collaborazione, condivisione, coinvolgimento sono approcci facilmente indirizzabili con l’attuale maturità tecnologica. Pensare ad un flusso integrato che, partendo dalla definizione degli obiettivi strategici a cura del top management, si concluda con la consuntivazione degli incentivi per una risorsa che ha partecipato ad un progetto collegato a uno di quegli obiettivi, non è certo utopia. In questa visione che avvolge tutta l’organizzazione abbiamo l’integrazione e la convivenza di concetti certamente noti e conosciuti, ma forse non abbastanza:
Fondamentali per validare le proposte che il Middle management avanza a livello di progetti e allocare efficientemente le risorse disponibili o, ad esempio, per certificare l’avanzamento di un progetto. Riuscire ad orchestrare le approvazioni, a monitorarne lo stato di avanzamento ed eventuali rework in modo inequivocabile e tracciato, aiuta a coinvolgere una platea maggiore ai tavoli decisionali.
In un contesto aleatorio e instabile, i workflow dinamici consentono di ridisegnare in corsa il flusso, di coinvolgere una risorsa in una qualsiasi fase del processo, di chiedere loro un contributo o diffondere informazioni; sono dinamiche che l’evoluzione tecnologica ha messo a disposizione, superando i limiti del classico BPM, e che ben si sposano con i concetti di collaborazione e condivisione.
La situazione pandemica che stiamo vivendo ha obbligato tutte le realtà aziendali a conoscerli più a fondo, a non poterne fare a meno. Strumenti come Microsoft Teams, ad esempio, hanno abbattuto le barriere, hanno permesso lo scambio di informazioni, di dati in maniera smart, semplice ma comunque strutturata. Oramai sono strumenti che fanno parte della quotidianità e, se parliamo di digitalizzazione in una visione collaborativa, non possono non essere presi in considerazione. L’integrazione del workflow con questi tool possono risultare vincenti. La conoscenza diffusa dello strumento permette di coinvolgere tutte le risorse, di aver accesso al flusso informativo tramite interfacce note e di sfruttare funzionalità native del tool (canali dedicati per gruppi di lavoro, chat, condivisione di file, calendar, reminders, ecc.) evitando duplicazioni e sovrapposizione con la soluzione sviluppata.
Il processo BSC vive sul monitoraggio delle dinamiche operative correnti e dei risultati di breve periodo. Questi risultati contribuiscono a movimentare le logiche causa/effetto necessarie a spingere l’organizzazione verso l’obiettivo strategico di medio/lungo periodo. Anche qui l’evoluzione tecnologica riesce a supportare meglio questa fase rispetto al passato, rendendo la BSC più governabile, illustrando proiezioni sul medio lungo periodo e permettendo al top management di intervenire tempestivamente per tracciare la nuova via o rincanalare l’organizzazione verso quella già tracciata.
Non può e non deve essere la tecnologia a guidare l’utilizzo dello strumento BSC ma la tecnologia deve essere a supporto delle idee e delle esigenze della specifica realtà. Oggi queste opportunità tecnologiche sono enormi e, anche a fronte di nuovi strumenti più innovativi e “modaioli”, possono portare la BSC ad avere ancora un ruolo rilevante nell’ambito della pianificazione strategica.
Così come hanno fatto alcune realtà aziendali, può diventare uno strumento condiviso, collaborativo, di cui ancora oggi non si dovrebbe fare a meno.