Nel lontano 1998 una nota rivista del settore IT ci aveva chiesto di contribuire con uno scritto ad una ricerca su un tema che all’epoca era di grande interesse, per intenderci sulla curva crescente del “technology hype”, il knowledge management.
Mi ricordo che in quell’articolo asserivo che per le aziende fosse necessario dotarsi di strumenti, informatici ed organizzativi, per permettere l’emergere di quella conoscenza nascosta che, seppur patrimonio dell’azienda, veniva gelosamente custodita da singoli; conoscenza che così aveva difficoltà a circolare ed essere messa a fattor comune come bene aziendale perché l’informazione era vista come uno strumento di potere, di garanzia della propria indispensabilità.
Gli strumenti erano quindi organizzativi per stimolare la condivisione dell’informazione e tecnologici/informatici per permettere di classificare quell’informazione secondo un modello comune e comprensibile a tutti.
Oggi, dopo più di 20 anni, il paradigma sembra essersi ribaltato. Oggi l’informazione che circola in un’azienda rischia di sfuggire non perché ancora sommersa o tenuta gelosamente per sé stessi, ma perché i volumi sono diventati talmente alti da rivelarsi ingestibili secondo il modello tradizionale.
Le informazioni che pervengono tramite i più diversi canali oggi disponibili, i più recenti ma anche, ahimè, qualche retaggio dello scorso secolo che ancora aleggia in qualche ufficio, come il fax, sono in un numero così elevato che i processi abituali con cui viene gestita la comunicazione in ingresso ed in uscita, risultano essere inadeguati.
Ma se il volume delle comunicazioni è un elemento critico, certo non è l’unico che incide:
va anche tenuto presente l’aspetto normativo a cui sono soggette le informazioni trattate, il quadro di regolamenti che necessariamente oggi bisogna tenere in attenta considerazione per non incorrere in sanzioni anche importanti.
Per non parlare poi di aspetti meramente pratici: l’aumento del numero delle comunicazioni richiede sempre più tempo a chi deve occuparsene, con il rischio di aumentare i tempi di presa in carico e gestione dei vari adempimenti, o di farsi sfuggire una comunicazione particolarmente importante o una scadenza improrogabile.
È poi comune trovare organizzazioni che demandano a realtà esterne il compito di classificare e smistare le comunicazioni, perché attività estremamente time consuming, con il risultato di far lievitare costi non necessari e di perdere il controllo e la conoscenza su un processo comunque centrale nella vita di una azienda.
Ecco, quindi, che si delinea uno scenario in cui è necessario anche oggi, come vent’anni fa, introdurre nelle aziende strumenti, informatici ed organizzativi, che consentano di affrontare queste criticità.
Analizzare il flusso di informazioni che circola in un’azienda, è un po’ come osservare una “autostrada” di informazioni: il compito degli strumenti che andranno adottati sarà quello di indirizzare ogni veicolo nella corretta direzione, impedire che si formano code ingiustificate, individuare le giuste uscite per ogni veicolo e preparare corsie preferenziali per quei veicoli-comunicazione che richiedono una gestione rapida e fuori dai normali schemi
Per uscire dalla metafora, l’obiettivo che ci dobbiamo porre è quindi di mettere a disposizione degli strumenti che consentano di:
Lo schema seguente riassume le macro-aree di intervento che sintetizzano quanto esposto sopra e permettono di individuare l’insieme degli strumenti che dovranno essere adottati.
Riprendiamo il discorso sul tema della gestione dell'informazione in una organizzazione. Come avevamo visto la prima area di intervento riguarda la Classificazione.
La procedura di classificazione prevede come primo passo la definizione di una tassonomia, ossia l’elenco strutturato ad albero delle categorie con cui vogliamo classificare un documento. Essa nasce da un lavoro di analisi che affronta temi sia organizzativi che linguistici.
L’analisi organizzativa mira ad individuare all’interno delle strutture aziendali un modello di classificazione omogeneo e condiviso, comprensibile e condivisibile da tutti gli attori coinvolti nella gestione delle informazioni. Il risultato di questa attività sarà l’individuazione dell’albero tassonomico, ossia delle categorie e sottocategorie che rappresentano i criteri di classificazione. In teoria non ci sono limiti ai livelli di annidamento ma si cerca di non andare mai oltre i tre. Vedremo più avanti degli esempi.
L’analisi linguistica, che richiede competenze molto specifiche, ha l’obiettivo di determinare i criteri da utilizzare per associare una comunicazione ad una o più foglie dell’albero tassonomico. Si svolge andando ad analizzare esempi di comunicazioni e determinando le regole di comprensione del testo che consentano di associare quella comunicazione alla sua corrispondente categoria di classificazione.