
C’è ancora incertezza intorno alla firma digitale, dovuta forse all’eccesso d’informazioni più che alla loro carenza.
Non mancano nemmeno i riottosi al suo utilizzo, trincerati dietro alla certezza che sia farraginosa e più lenta rispetto alla penna.
Ritorniamo col pensiero a quando l’ufficio era sinonimo di carta, di fotocopie, di toner e faldoni: ci fulmina il ricordo degli sbaffi messi a penna e della gara di abilità nel capire a colpo d’occhio chi ne fosse l’autore, e subito dopo di chi ancora mancasse la sigla.
Il tempo per mettere un baffo? trenta secondi netti, compresa l’estrazione della penna dalla tasca interna della giacca a condizione ovviamente che ci fosse l’inchiostro e che fossimo in ufficio.
Per i contratti, invece, si chiedeva la duplice copia in carta, una con già il tratto a penna posto sotto il nome di chi l’aveva firmata prima di noi. O meglio, di chi si presumeva lo avesse realmente fatto. Comunque ci si fidava e quindi apponevamo la sigla su ciascuna pagina dell’altro esemplare, mettendo il nostro baffo, e firmavamo poi per esteso nei soliti 2 punti segnalati dall’assistente, che poi lo avrebbe rispedito al mittente rendendogli la pariglia circa il cruccio sul firmatario. Il tempo per siglare ogni pagina e mettere due volte la firma a penna? tre minuti scarsi, compresa la chiacchierata con l’assistente che portava il libro firma e ci aiutava a girarne le pagine.
Anche ora che l’email ha sostituito la posta, siamo riusciti a mantenere pressappoco lo stesso procedimento. Solo che abbiamo imparato a scansionare il nostro tratto per la sigla e quello per la firma estesa, e ci siamo dotati di un programmino per modificare i PDF. Sempre 5 minuti, pressappoco, ma stavolta senza più la chiacchierata con l’assistente.
Certo, non tutti ci siamo accorti che l’immagine della nostra firma è alla mercè di qualsiasi malintenzionato, ma la comodità attrae più del rischio percepito.
Di tanto in tanto serve il notaio, se c’è un rogito o quando serve una nostra firma autenticata. E’ lui che, con la sua firma apposta a sigillo alla fine del rito di autentica, assurge a garante per legge. Tempo necessario? Un paio d’ore, compreso il caffè preliminare e l’amabile conversazione, a condizione di andare con i mezzi pubblici o con l’assistente che rimane al volante.
Quest’ultima modalità di firma è a tutti gli effetti l’unica non ripudiabile. Le altre si basano sulla fiducia reciproca tra le Parti coinvolte e ovviamente sul comportamento concludente.
Dunque con la penna ci si mette un tempo variabile tra qualche decina di secondi e qualche ora, in funzione del grado di certezza che desideriamo sull’identità del firmatario e sulla non ripudiabilità dell’atto compiuto.
Ora, è evidente che nessuno di noi chiederebbe una firma autenticata da un notaio per siglare la richiesta ferie di un collaboratore. E nemmeno per un contratto di fornitura o per altri documenti che prima avremmo firmato a penna, nell’intimo della stanza d’ufficio!
Per le occasioni da “visto si approva” può certamente bastare la firma elettronica avanzata. Tempo necessario? 30 secondi netti compreso l’inevitabile tempo d’attesa perchè si generi un altro PIN usa e getta.
Anche per molti contratti basta la firma elettronica avanzata. Se proprio vogliamo ridurre il rischio di ripudio allora chiediamo che l’identificazione del firmatario avvenga tramite SPID: si fa in fretta, è un QR Code inquadrato con lo smartphone e non c’è gara contro la tastiera del PC. Tempo necessario? 1 minuto netto.
E quando servirebbe una firma autenticata? Useremo la firma elettronica qualificata, che ci sarà stata rilasciata da una Certification Authority ben prima che sapessimo di averne bisogno. In questo caso ci metteremo un paio di giorni per averla, la prima volta, e due minuti ogni volta che la useremo, tra userID, password, PIN e conferme varie.